Omberto Aldobrandeschi
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«Io fui latino e nato d'un gran Tosco:
Guiglielmo Aldobrandesco fu mio padre;
Non so se 'l nome suo già mai fu vosco.»
(Dante, Purgatorio, Canto XI, vv. 58-60)
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Omberto Aldobrandeschi (... – Campagnatico, 1259) è stato secondo figlio di messer Guglielmo dell'antica e nobile casata degli Aldobrandeschi,[1] conti di Soana e Pitigliano, un ampio territorio corrispondente all'odierna provincia di Grosseto.
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Biografia
Di famiglia guelfa (mentre l'altro ramo della famiglia, i conti di Santafiora, era di parte ghibellina) continuò la politica del padre[1] di opposizione alla ghibellina Siena, anche con l'aiuto dei fiorentini.
Omberto ebbe la signoria di Campagnatico,[1] nella valle dell'Ombrone grossetano, dal quale sortiva per depredare i viandanti e per recar danno ai Senesi.
Morì nel 1259 combattendo valorosamente contro gli eterni nemici, che avevano organizzato una spedizione per ucciderlo.[1]
Secondo la testimonianza del cronista trecentesco senese Angelo Dei, Omberto fu soffocato nel letto da sicari di Siena,[1] travestiti da frati.
Divina Commedia
Omberto Aldobrandeschi compare nella Divina Commedia di Dante Alighieri nel Purgatorio.[1] Il poeta vede in Omberto il peccato di superbia: la superbia originata dall'orgoglio di appartenere ad un antico casato e perciò disprezzare gli altri, dimenticando la comune origine di tutti gli uomini.
«L'antico sangue e l'opere leggiadre
d'i miei maggior mi fer sì arrogante,
che, non pensando a la comune madre,
ogn'uomo ebbi in despetto ...»
(Dante, Purgatorio, XI, 61-64)
Note
Collegamenti esterni
- Luciana Marchetti, ALDOBRANDESCHI, Umberto, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 2, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1960.
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